[:it]I miei dubbi su Mattarella (l’avevo detto!) [:en]on Mattarella[:]

[:it]Commenti come Mario ad articoli alla edizione on-line di Il Manifesto, risalenti al 5 maggio 2018. Il secondo commento credo sia stato censurato. Il terzo, del 2015, non sembra appaia più al sito di Il Manifesto. Tutti i miei commenti sono reperibili (almeno ad oggi) al sito di disqus.com (ma credo che quello censurato non sia visibile se non dall’autore)
(click&enlarge le scansioni. Per lettura da smart phone, vedi successivi testi)

 

Dubbi sulla biografia istituzionale e sul significato dell’elezione di Mattarella

Sulla critica dell’essersi fatto parcheggiare alla Corte Costituzionale, vedi ultimo commento qui sotto.


Il Presidente è persona degna, disinteressata e apparentemente affidabile. Politicamente la sua elezione fu una scelta politica impegnativa, e profondamente non condivisibile, per un motivo politico e per un motivo costituzionale.

Per la sua sofferta biografia personale e la sua terra di nascita, l’intenzione della sua elezione – forse oltre la sua stessa volontà ma non oltre la sua biografia – fu quella di reclamare la conclusione della quarantena politica-istituzionale del ceto politico democristiano che si era imposta in reazione del doppio assassinio Falcone-Borsellino e l’evidenza della contiguità DC-mafia negli anni della guerra fredda, un obiettivo che con quella elezione caratterizzò il governo Renzi come quello della rinascita del centrismo (neo/para?) cattolico, chiaramente pensandosi come inevitabile centro della vita politica italiana. Ma quella quarantena aveva ragioni profonde, la sua conclusione non era una priorità, e il presuppsoto della inevitabilità del centrismo – da Monti a Renzi – al limite, forse oltre, la correttezza istituzionale.

Dal punto di vista di un completo costituzionalismo liberale moderno, fondato sulle garanzie della divisioni dei poteri e della loro sottomissione alle regole delle reciproche separate definizioni e giurisdizioni, i passaggi della carriera politica del Presidente – ministro della difesa nel governo D’Alema della guerra in Kosovo, giudice di Corte Costituzionale, Presidente della Repubblica – sono una smaccata, eclatante violazione dei vincoli – pur nella possibile varietà di articolazioni e interpretazioni – richieste da quella tradizione, anzi di più: indicano una profonda incomprensione di essa, che altrimenti la costruzione della propria biografia e financo del proprio sapere sarebbe avvenuta senza nemmeno poter concepire di attuarla esercitando l’una funzione in attesa di esercitare l’altra.

Di fatto la Presidenza Mattarella si conclude con il fallimento del neo-centrismo di Renzi, essendone il simbolo più vero e riuscito. Se voglia prolungarla e accentuarne il profilo, avocando a sè di fatto la direzione del governo, o invece più auspicabilmente ridurla a un ruolo arbitrale per facilitare una decisione che non li compete, è la scelta di queste ore, dove si vedrà quanto egli sappia trascendere la sua biografia, forse anche il suo dolore, sapendone vedere i limiti.

ps. “Se l’inaudita eventualità si verificasse […] la delegittimazione coinvolgerebbe inevitabilmente anche la più alta carica dello Stato.” Ma la inaudita  eventualità sarebbe un governo di una moderna democrazia non votato da nessuno, o no?

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Scenari di governo possibili e ruolo della Presidenza


Mah!. “Lunedì Mattarella sfiderà i partiti mettendo in campo un suo governo non concordato con nessuno”, Andrea C. articolo di ieri o ieri altro, ma così sfida anche tutti noi elettori e assume il ruolo di portavoce di poteri altri, una follia! Vediamo gli scenari combinatorialmente possibili:

— governo di tutti, appare non proprio possibile, e comunque sarebbe una confusione in cui tutti farebbero ricadere i disastri su tutti, una apoteosi dello scaricabarile nazionale, un pantano in cui l’Italia si avviterebbe ulteriormente, la strada per rendere l’impasse permanente;

— governo PD-5S. I 5S non esistono culturalmente, tantomeno politicamente, e per nulla istituzionalmente, non essendo nemmeno chiaro quali siano la loro configurazione giuridica. In questa campagna hanno assunto il profilo di partito della protesta dei ceti medi poco produttivi, raccattano sopratutto negli ambiti dell’analfabetismo politico, e propongono persone con i CV ambigui (vedi i docenti delle Link University). E il loro perbenismo alla fine li renderebbe molto deboli verso i poteri davvero forti, dalla NATO ad alcune ambasciate. Come le aziende della prima bolla della dot-economy, prima spariscono meglio è. Che la Sx antirenziana possa anche lontanamente pensare di portarli in area di governo lascia basiti, di fatto questa soluzione sarebbe invece la vittoria del lato peggiore del renzismo, anche se forse non del suo centrismo;

— governo Lega-5S, con B. all’opposizione. Proposto sopratutto da gli anti-B. ossessivi; sarebbe la vittoria de pantano del centrismo in salsa populista, senza nemmeno l’autocontrollo del meglio della cultura cattolica dei tempi andati, una versione agli steoridi dei tratti peggiori della DC anni ’50 e del suo blocco di consenso, lato recupero voti Uomo Qualunque. Ovviamente suggerito da tutti coloro che sono intimamente anti bipolaristi e alla fine neocentrista;

— governo Lega-5S, con pure FI. Soluzione pericolissima, la peggiore di tutti, che in tutte e tre le sigle sarebbero esaltati i lati peggiori, che non sono pochi, un tutto peggio da cui sarebbe difficilissimo risalire, da evitare a tutti i costi;

— governo Lega+FI+PD, ipotesi di scuola, perché allora a tutti converebbe lo scenario successivo;

— governo di minoranza Lega+FI, con appoggio esterno PD. Forse la soluzione più matura, la meno peggio. I vantaggi: il mantenimenmto di una qualche distinzione Dx e Sx, la Dx al governo, la Sx che fa opposizione, anche se solo costituzionale. Avendo la carta di poter staccare la spina quando vuole (o quasi), la Sx potrebbe svolgere il ruolo di veto su proposte estreme, ma ovviamente dovrebbe avere i nervi saldi nel permettere quelle di Dx invise ma legittime. La sfida mostrare intanto nel paese di essere meglio dell’opposizione che sarebbe gridatissima dei 5S, ma fare in modo che i 5S siano comunque costretti all’opposizione, per non ricadere nello scenario precedente. Prezzo da pagare: aiutare B. a non essere scaricato dalla Lega, di fatto ammettendo che la sua presenza non è (e non era) il peggio degli esiti della lunghissima transizione italiana.

— governo elettorale per elezioni spareggio ASAP. Ipotesi la più corretta istituzionalmente. Siccome le elezioni a breve le vince Lega+FI, si ricade nel caso precedente, ma senza il jolly di poter staccare la spina e con il PD ai minimi termini, quindi a Sx non merita.

Conclusione: esiste uno scenario tollerabile, senza interventi extra-costituzione del Presidente, lo si persegua. Io ho detto la mia, voi dite la vostra.

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Un vecchio articolo, al tempo dell’elezione alla Presidenza

Può un giudice costituzionale ambire alla Presidenza della Repubblica? Sarebbe certo una novità.

Nella nostra architettura istituzionale il Presidente della Repubblica non è l’autorità delle decisioni politiche, e il suo ufficio è investito di compiti di garanzia, ma il carattere eminentemente politico della Presidenza è indubbio e ineludibile. La domanda è quindi: quale tacita pedagogia si viene a diffondere con l’esempio che la carriera di un giudice supremo non sia vissuta e non generalmente concepita come finale?

Se un giudice costituzionale può avere – apparentemte legittimamente – tali ambizioni di ulteriore ufficio, quale significato assumono le definizioni dei reciproci ruoli: in particolare quale sottesa comprensione delle differenze tra decisione politica e sentenza giurisdizionale si viene a svelare? Nessuno potrà più permettersi di pensare che l’operare della suprema corte sia teso alla sola affermazione dei vincoli costituzionali all’operare della maggioranza politica: se le decisioni che i giudici prendono -il loro vero curriculum vitae- si trovano poi a poter essere considerate come reputazione utile per essere nominati a ulteriori uffici di altra natura, allora la corte non sarà più quell’organo che agisce con preoccupazioni altre da quelle di chi aspira alla direzione politica, presente o anche futura, della Nazione.

Qui non è in considerazione l’integrità personale, se non nel senso, più profondo, che la comprensione dei principi di divisione dei poteri pubblici richiede di costituire il proprio agire pubblico, e perfino il proprio sapere, come interno a tali divisioni: chi cerca consenso per contribuire alla direzione politica del paese non pensi di saper giudicare il torto di un caso concreto, e viceversa. Per un giudice costituzionale ciò in modo paradigmatico, che nei suoi casi più propri ha sempre di fronte un singolo cittadino contro il potere politico, e che egli non ritenga indegno che di lui si pensi che possa ambire alla massima carica politica indica che nel profondo non ha capito cosa comporta aver assunto il ruolo di terzo imparziale tra decisione politica e rispetto del singolo cittadino.

(E non vale la facile obiezione che nel caso presente si tratta di un membro prestato alla giurisdizione dalla politica, che se l’incarico alla Corte fosse stato fin dall’inizio pensato come strumentale a ulteriori incarichi, per ciò stesso il candidato risulterebbe non idoneo alla massima carica.)

Non so come la proposta stessa di un giudice costituzionale eletto Presidente della Repubblica – comune a un vastissimo arco di partiti nei due nomi di Mattarella e Amato – sarà ricevuta dalla Magistratura. Sarà interessante constatare se i rappresentanti organizzati dell’ordine indipendente dei giudici e dei pubblici ministeri italiani coglieranno e denunceranno questo vera, per quanto indiretta, violazione del principio di indipendenza, vera e anche subdola perchè nell’apparente esaltazione della Corte, e di tutto la Magistratura, data dal promuoverne un membro (anche se forse nominalmente non considerato un magistrato) alla massima carica nazionale, se ne nega di fatto l’ambito carattere di ordine indipendente, indipendente esattamente anche perchè estraneo all’ambizione di assumere incarichi di direzione politica della comunità nazionale.[:]

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