Covid – 19

+1 per il tenente colonnello (sul Covid – 19 e sulla gattina)

 

https://27esimaora.corriere.it/articolo/lufficiale-accusata-di-disobbedienzaper-aver-salvato-una-gatta/

Barbara Balanzoni, tenente medico della riserva selezionata, è stata sotto processo per “disobbedienza aggravata e continuata”. Che cosa aveva fatto la dottoressa di 39 anni durante la missione italiana militare in Kosovo? Aveva salvato una gatta che stava morendo di parto, il 10 maggio del 2012, nella base italiana di Pec. La micia, di nome Agata, si lamentava disperatamente, i soldati si erano preoccupati e avevano cercato il veterinario responsabile, che però era assente, in permesso. Così hanno allertato la tenente Balanzoni, anestesista rianimatrice, che era intervenuta e con una semplice manovra manuale, analoga a quella che si fa con i neonati umani, aveva salvato la vita della gatta e dei due gattini appena nati (non quella del feto rimasto in utero, che purtroppo era già morto). Un piccolo gesto di altruismo che sarebbe passato inosservato se Agata, troppo dolorante, non avesse dato un piccolo morso alla dottoressa, costringendola a farsi praticare la vaccinazione antirabbica obbligatoria in questi casi. E così il fatto divenne di pubblico dominio e il soccorso alla micia fu considerato atto di disobbedienza dai capi militari, portando a cinque giorni di consegna e, dopo quasi due anni, a un processo. Facile, a questo punto, pensare a una novella Antigone, un’eroina che disobbedisce a ordini ingiusti -il divieto di avvicinarsi ad animali- segue la legge del cuore invece di quella del potere e in questo modo salva una vita, anzi tre, e ne subisce le pesanti conseguenze. Ed è facile aggiungere a tutto questo l’immagine di una soldata, armata, apparentemente dura, che si lascia andare a un gesto compassionevole, pieno di amore e di pietà e nello stesso tempo di coraggio. L’accudimento materno contrapposto alle legge militare, tipicamente maschile. Ma non è andata così: «Io non ho disobbedito agli ordini – dice la dottoressa Balanzoni- e questo è stato ufficializzato il 7 febbraio scorso, nei preliminari del processo, quando il capo della procura militare ha chiesto e ottenuto la mia assoluzione “perché il fatto non sussiste”». Insomma, l’ufficiale medico non ha compiuto il reato di disobbedienza «perché non ha disatteso un ordine impartito direttamente a lei, ma una prescrizione di carattere generale», quella di non avvicinarsi ai randagi. Barbara Balanzoni dovrà comunque tornare in aula ad aprile per rispondere di altre due imputazioni rimaste in piedi: diffamazione e ingiurie a inferiore, accuse che lei smentisce con decisione. Ma torniamo al salvataggio di Agata e dei suoi piccoli, di cui è noto anche il padre, Rocco: «Non sono stata coraggiosa e non mi sento un’eroina, si è trattato di buon senso e professionalità, ho fatto solo il mio dovere. Se dovessi tornare indietro, mi comporterei nello stesso modo». Barbara è rimasta anche molto stupita dal clamore suscitato dal suo caso e dalla tanta solidarietà che ha ricevuto, comprese 178.000 firme a suo favore. «Non sono animalista, anzi, ho scoperto l’animalismo dopo questi fatti, anche se ho sempre vissuto con un cane e un gatto». Inaspettata anche la sua visione dei soldati e dei loro rapporti verso gli animali da compagnia. Non c’è contrasto tra la vita militare e l’amore per i quattrozampe. In tutte le basi militari, nel mondo, ci sono cani e gatti, amati e rispettati, definiti spesso “la componente pelosa dell’esercito”. Grazie a loro si crea amicizia, sono dei catalizzatori di sentimenti positivi, fanno una sorta di pet-therapy di massa, molto utile in queste situazioni difficili. Un esempio per tutti: Bruno e Chiara, i due cani soldato di Bala Murghab in Afganistan, che dopo lo smantellamento della base italiana, sono stati fatti rientrare in Italia e qui accolti con tutti gli onori. Dunque Barbara Balanzoni, donna, medico e ufficiale, smonta molti pregiudizi sulla sua vicenda e sull’esercito, anche se alla fin fine qualche problema però appare: in tutta la base di Pec, su 600 presenti, c’erano una decina di donne, di cui solo due ufficiali. Presenze che tuttora, per alcuni, risultano strane. Anche se, insiste Barbara, il vertice militare ha grandissima apertura e fiducia nelle donne. E l’ammiraglio Luigi Binelli Mantelli, capo di Stato Maggior della Difesa, nella sua pagina ufficiale, tra i suoi interessi mette “felini” (il suo gatto). (Anna Mannucci)

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